L'edizione integrale e tradotta della lettera di Tolkien a Naomi Mitchison dell'8 dicembre 1955

La lettera qui presentata non è mai stata pubblicata, a quello che so, in versione integrale; ne vennero invece offerti alcuni stralci nella raccolta delle lettere di Tolkien (Humphrey Carpenter, Christopher Tolkien [ed.], The Letters of J.R.R. Tolkien, George Allen & Unwin, Londra 1981, pubblicata in Italia da Bompiani come La Realtà in Trasparenza. Lettere e tradotta da Cristina de Grandis).

Recentemente, l’originale autografo della lettera è stato messo in vendita dall’americana Seth Kaller, Inc. per 22.000 dollari. Seth Kaller è un esperto nell’acquisizione e valutazione di documenti e artefatti, intervistato diverse volte, fra gli altri, da Forbes e dal quotidiano americano New York Times. Pensando di fare cosa gradita, sia agli appassionati di Tolkien, sia al venditore per la visibilità che ne riceve il suo prodotto, pubblico qui sotto le copie dell’autografo, la didascalia alla vendita, contenente la trascrizione della lettera con alcune mie correzioni, e la relativa traduzione corredata da note, la prima completa in italiano.


Naomi Mitchison nell'ottobre del 1955, presso la sua casa in Kintyre, e J.R.R. Tolkien nel suo studio.

Quando Tolkien spedisce questa lettera, sono passati meno di due mesi dalla pubblicazione del terzo e ultimo volume de Il Signore degli Anelli. Era già in rapporti epistolari con Mitchison, che era stata uno dei revisori della trilogia. Scrittrice lei stessa, aveva inviato a Tolkien il proprio romanzo medieval-satirico To the Chapel Perilous per avere un’opinione a riguardo. Si tratta di un’opera molto diversa da quella di Tolkien, dato che la sua Camelot include usi moderni, giornalisti e tinte per i capelli.

La versione integrale della lettera rende possibile osservare direttamente il contesto della famosa frase di Tolkien, “immagino i Nani come Ebrei” (de Grandis: “penso che i Nani siano come gli Ebrei”); in effetti, si conferma che non mancava niente di rilevante nelle versioni già pubblicate, e che la frase si riferisce al carattere degli Ebrei di popolo a sé stante che vive in una condizione di bilinguismo. Si tratta di un’osservazione di tenore simile a quella contenuta nella lettera del 4 novembre 1954 a Padre Robert Murray, in cui Tolkien notava la somiglianza fra il monoteismo ebraico, incentrato intorno a un solo Tempio, e l’esistenza di un solo luogo di culto a Númenor.

J.R.R. TOLKIEN. Autograph Letter Signed, to Naomi Mitchison. Headington, Oxford, England, December 8, 1955. 4 pp on 2 leaves of wove paper with Pirie’s/ Crown Bond watermark. 5 5/16 x 7 1/8 in. (13½ x 18 cm). The first page is embossed “76 Sandfield Road/ Headington/ Oxford.” With original autograph addressed envelope.

Inventory #23221

Transcript

Dear Mrs Mitchison,

You really are most kind and generous. Thank you so much for your last letter. I feel that I should have written long ago, especially since I failed to make any kind of return in the matter of “To the Chapel Perilous.” But perhaps you will understand I felt exhausted, since in addition to the “Lord of the Rings” I had only just concluded a two-year term of administrative office in college on top of professing, and the advance copy came just as I was about to go off for the first holiday since 1951 of more than two or three days. Reading it – I went to Italy – was easy * and delightful; but I seemed too dried up to say anything. And when I came back the shadow of one of those things one idiotically lets oneself in for when they are distant fell on me.

 

[Written at bottom and continuing up left margin]: *I mean for the will; my mind found it difficult. You move in the complicated world with an ease that helps me to understand why people find my much simpler and more simple-minded world bewildering. I cling to Lienors whom I liked and found intelligible. <p2>

I had to deliver the opening lecture of the newly-founded O’Donnell Lectures in Celtic Studies—already overdue: and I composed it with ‘all the woe in the world,’, as the Gawain-poet says of the wretched fox with the hounds on his tail. All the more woe, since I am the merest amateur in such matters, and Celtic scholars are critical and litigious; and more so since I was smitten with laryngitis.

I think poorly of the broadcast [radio] adaptations. Except for a few details I think they are not well done, even granted the script and the legitimacy of the enterprise (which I do not grant). But they took some trouble with the names. I thought that the dwarf (Gloin not Gimli, but I suppose Gimli will talk like his father – apparently someone’s idea of a German) was not too bad if a bit exaggerated. I do think of the “Dwarves” like Jews: at once native and alien in their habitations, speaking the language of the country, but with an accent due to their own private tongue. <p3>

I have, of course, a good many letters: most of them intelligent and critical, and largely inspired by annoyance with the critics. Edwin Muir produced quite a batch, from people who seemed to think I should be upset at his tone. But I got as much good from him, I suppose, as was possible – unless he was prepared to read the book with attention. He showed by his remarks on Lórien that had not. But I do not feel disposed to blame him, as I cannot imagine myself tackling such a task in his place. Since you enquire kindly concerning my fate outside this country: I should say I was doing well enough in the U.S.A. I have received a fair amount of notice in Holland (partly due to Harting of Amsterdam) and Belgium (where I am known, being an hon. poet of Liége. But enough of me. Your kindness leads me into garrulity.


I have now got a pestilent doctorate thesis to explore, when I would rather be doing something less useful.

I hope that the Chapel Perilous went and is going well [though I seldom see or read reviews, and but for a cutting agency should not see my own – In spite of them I do not read them all] A curious and rather disturbing blend. I hope you won’t mind my mentioning “a Yankee at the Court of King Arthur.” I only do so, because of the shattering  difference. Of course there are the deliberate

<p4> mechanical anachronisms in both. the hello–girls and  telephones, and electrified wire; and dwarfs with photographic  apparatus: I don’t like ‘em, of course, and think it better if the  satire arises out of the material as it is; but there are umbrellas in  the Shire—but M.T. [Mark Twain] was merely vulgarly romantic, whereas you undermine, or (perhaps fairer) transform the whole thing.

        

    Very best wishes to you, and to your family, I hope they are as kind as you are to a simple-minded old man. I am sorry about my childish amusement with arithmetic; but there it is: the Númenorrean calendar was just a bit better than the Gregorian: the latter being on average 26 secs fast p.a., and the N. 17.2 secs slow.

Yours sincerely

Ronald Tolkien


Naomi May Margaret Mitchison (1897-1999) was a Scottish novelist and poet. She was appointed CBE (Commander of the Order of the British Empire) in 1981. She wrote many books, including The Chapel Perilous, published in 1955. She was a proofreader of the Lord of the Rings.

Condition

Excellent

Tolkien’s letters are scarce. When Paul Richards catalogued the letter in January 1989, he called this “one of the finest, and longest, to appear on the market.”

J.R.R. Tolkien. Lettera autografa firmata, a Naomi Mitchison. Headington, Oxford, Inghilterra, 8 dicembre 1955. 4 pagine su due fogli di carta senza segni di vergatura con filigrana Pirie’s/ Crown Bond. 5 5/16 x 7 1/8 pollici (13½ x 18 cm). La prima pagina porta impresso “76 Sandfield Road/ Headington/ Oxford.” Con busta riportante indirizzo autografo originale.

Traduzione italiana della trascrizione

Cara Signora Mitchison,

È davvero estremamente gentile e generosa. Grazie mille per la Sua ultima lettera. Credo che avrei dovuto scrivere molto tempo fa, specialmente perché non ho risposto nulla riguardo Alla Cappella Perigliosa. (1) Ma forse capirà che mi sento esausto, poiché, oltre che Il Signore degli Anelli, ho concluso or ora un peridio biennale come ufficiale amministrativo all’università, in aggiunta all’attività di professore, e la copia distribuita in anticipo arrivò giusto mentre stavo per partire per la prima vacanza di più di due o tre giorni dal 1951. Leggerla — sono andato in Italia — è stato facile * e delizioso; ma, a quanto risultò, ero troppo prosciugato per dir qualcosa. E quando ritornai l’ombra di una di quelle cose in cui ci si lascia stupidamente metter dentro finché sono lontane cadde su di me.

[Scritto sul fondo, continuando sul margine sinistro]: * intendo la volontà; la mia mente lo trovò difficile. Lei si muove nel mondo complicato con un’agilità che mi aiuta a capire perché la gente trova sconcertante il mio mondo ben più semplicistico. Mi tengo stretto a Lienors, che mi è piaciuta e che ho trovato intellegibile. (2)[p.2]

Ho dovuto pronunciare la conferenza d’apertura delle Conferenze in Studi Celtici appena fondate in onore di O’Donnell (3) — già in ritardo; e l’ho composta “con tutta la pena del mondo”, come il dice il poeta del Galvano (4) della volpe disgraziata inseguita dai segugi. E con ancor maggior pena, poiché non sono che un purissimo dilettante in questa materia, e gli studiosi celtici sono critici e litigiosi; e ancor maggiore, poiché ero colpito dalla laringite.

Ho una bassa opinione degli adattamenti andati in onda [alla radio]. (5) A parte pochi dettagli, penso che non siano ben fatti, anche dando per scontate la bontà della sceneggiatura e la legittimità dell’impresa (che non do per scontate). Ma si sono dati da fare con i nomi. Ho pensato che il nano (Glóin, non Gimli, ma immagino che Gimli parlerà come suo padre — a quanto pare, secondo l’idea che qualcuno ha di un tedesco) non fosse troppo male, se un po’ esagerato. In effetti, mi immagino i “Nani” come Ebrei: sia nativi che stranieri ai luoghi che abitano, parlanti della lingua del paese, ma con un accento, dovuto alla loro lingua privata. [p.3]

Ho, naturalmente, un bel po’ di lettere: la maggior parte di loro, critiche e intelligenti, e ispirate soprattutto dal fastidio nei confronti dei critici. Edwin Muir (6) ne ha provocata una grossa partita, da persone che sembravano pensare che dovrei essere offeso dal suo tono. Ma da lui ho avuto, immagino, tutto il bene che gli era possibile — a meno che fosse stato preparato a leggere il libro con attenzione. Con le sue osservazioni su Lórien, ha mostrato che non l’aveva fatto. Ma non mi sento disposto a rimproverarlo, perché non posso immaginare che affronterei, al posto suo, una simile impresa. Poiché gentilmente mi domanda della mia sorte fuori da questo Paese: dovrei dire che stavo andando molto bene negli U.S.A. Ho ricevuto una buona attenzione in Olanda (in parte grazie ad Hasting of Amsterdam[7]) e in Belgio (dove sono noto, in quanto poeta onorario di Liegi [8]). Ma riguardo a me questo è abbastanza. La Sua gentilezza mi rende garrulo.

Adesso devo esplorare una pestilenziale tesi di dottorato, quando preferirei star facendo qualcosa di meno utile.

Spero che la Cappella Perigliosa sia andata e stia andando bene [sebbene raramente veda o legga delle recensioni, e non vedrei le mie, se non fosse per un’agenzia che mi fornisce gli articoli — e ciononostante, non li leggo tutti] Un miscuglio curioso e piuttosto inquietante. Spero che non le dispiacerà, se menziono Un americano alla corte di re Artù. Lo faccio solo a causa della differenza totale. Ovviamente ci sono gli anacronismi deliberati

[p.4] e meccanici in entrambi. Le centraliniste e i telefoni, e il filo elettrificato; e i nani con apparato fotografico: non mi piacciono, ovviamente, e penso che sia meglio se la satira riesce dal materiale così com’è; ma ci sono ombrelli nella Contea — ma M.T. [Mark Twain] era semplicemente volgarmente romantico, mentre Lei rode alle fondamenta, o, forse più giustamente, trasforma l’intera questione.

I migliori auguri a Lei, e alla Sua famiglia, spero che siano tanto gentili quanto lo è Lei verso un vecchio semplicione. Mi scuso per il mio infantile divertimento con l’aritmetica: ma ecco qui: il calendario di Númenor era solo un pochino migliore del Gregoriano: il secondo era infatti in media troppo veloce di 26 secondi all’anno, e il N. [Númenoreano] troppo lento di 17,2 secondi.

Sinceramente Suo

Ronald Tolkien.


Naomi May Margaret Mitchison (1897-1999) fu una romanziera e poetessa scozzese. Fu nominata CBE (Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico) nel 1981. Scrisse molti libri, fra cui Alla Cappella Perigliosa, pubblicato nel 1955. Fu un revisore de Il Signore degli Anelli.

(1) Naomi Mitchison, To the Chapel Perilous, Allen & Unwin 1955. Non ho trovato l’edizione italiana di questo libro.

(2) Lienors è un personaggio di To the Chapel Perilous, un’anacronistica giornalista che lavora per The Camelot Chronicle.

(3) Charles James O’Donnell (1849-1934), irlandese, era stato amministratore coloniale dell’India britannica e parlamentare del Regno Unito. L’Università di Oxford dedicò in suo onore le O’Donnell Lectures in Celtic Studies, che si sono tenute senza interruzione fino al 2019. Tolkien offrì la prima dissertazione, dal titolo English and Welsh, pubblicata nel 1963 [J.R.R. Tolkien, English and Welsh, in Angles and Britons, Cardiff 1963, pp. 1-41]. La si può leggere qui (in inglese). Avrebbe dovuto pronunciare il discorso nel 1954; vi riuscì nel 1955, come osserva nel discorso stesso.

(4) L’anonimo autore del romanzo cavalleresco del XIV secolo in medio inglese Sir Galvano e il Cavaliere Verde. La traduzione usata qui da Tolkien è diversa da quella pubblicata postuma in J.R.R. Tolkien, Sir Gawain and the Green Knight, Pearl, and Sir Orfeo, Allen & Unwin, Londra 1975.

(5) Tolkien critica questi adattamenti anche in altre lettere (175 e 193). Gli adattamenti stessi, trasmessi sul Terzo Programma della BBC in dodici episodi su adattamento di Terence Tiller fra 1955 e 1956, non sono arrivati fino a noi. Nonostante l’insoddisfazione di Tolkien, essi resero noto il libro al pubblico inglese; ne giunse voce anche a un certo signor Sam Gamgee, che scrisse poi a Tolkien (lettera 184).

(6) Edwin Muir (1887-1959), A Boy’s World, in The Observer 27/11/1955. La recensione di Muir conteneva sia elementi positivi che negativi. Definiva la trilogia “straordinaria”, specialmente nella creazione del mondo fantasy, nella qualità della narrazione e nell’inventiva unita a un grande controllo. Al tempo stesso, criticava: “Tutti i personaggi sono ragazzini travestiti da adulti […] non arriveranno mai alla pubertà […] nessuno di loro sa nulla delle donne, se non per sentito dire”. Il giudizio di Mitchison, riportato in copertina, che il SdA era da prendere tanto sul serio quanto Malory, veniva criticato da Muir proprio per il fatto che gli eroi tolkieniani erano “ragazzini”, mentre i cavalieri arturiani “conoscevano la tentazione, erano talvolta infedeli ai loro voti, o combattuti fra le opposte richieste di dovere e amore”. La sua osservazione su Lórien, notata come errata da Tolkien, è: “Lórien, la terra degli elfi, torna alla sua felicità senza età” (dopo la distruzione dell’Anello).
Tolkien discusse la recensione di Muir con meno aplomb nella lettera 177, inviata a Rayner Unwin lo stesso giorno di questa, tra l’altro minacciando ironicamente che avrebbe proposto Muir per la cattedra in Poesia di Oxford, se Muir ne avesse avuto i titoli (la cattedra andò al poeta W. H. Auden, autore di recensioni positive del SdA, nonostante Tolkien non ne condividesse i contenuti nel dettaglio). Il professore di Poesia di Oxford, in realtà, deve solo partecipare ad alcune giurie e pronunciare alcune orazioni, fra cui un discorso inaugurale: forse un implicito riferimento alla difficoltà e alla “pena” che aveva provocato a Tolkien l’onore di pronunciare il discorso inaugurale per le O’Donnell Lectures.

(7) Il professor Pieter Harting (1892 – 1970) dell’Università di Amsterdam, un linguista e amico di Tolkien (citato nella lettera 206).

(8) L’università di Liegi aveva concesso a Tolkien un dottorato ad honorem il 2 ottobre 1954.

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