15 grandi personaggi visti attraverso il pennello di Hans Holbein il Giovane

Hans Holbein nacque ad Augsburg in Germania nel 1497 e divenne uno dei più grandi ritrattisti di tutti i tempi. La stima tribuitagli dalle corti europee lo mise in contatto con alcune fra le più importanti personalità di quell’epoca fertile e convulsa compresa fra il Rinascimento del nord Europa e le Riforme, che si diffondevano a macchia d'olio nella cristianità occidentale.

1.      Erasmo

Erasmo da Rotterdam, il «Principe degli Umanisti», come era chiamato dai suoi contemporanei, ebbe una rilevanza incalcolabile nel panorama culturale europeo. Fu l’autore di diverse opere riguardanti morale, stilistica e religione. Uno dei più stimati insegnanti, oltre che conoscitore del latino e del greco, la sua opera si articolò anche nella traduzione.

Nel 1509 scrisse un libretto in latino, intitolato Elogio della Follia. Qui la Follia stessa, descritta come una dea, prende la parola, declamando la propria grandezza e il bene da lei arrecato al genere umano. La parte finale è dedicata agli abusi della Chiesa di Roma.

L’Elogio della Follia ebbe un successo esplosivo, tale da renderlo una delle opere più influenti della letteratura occidentale. Giunse anche fra le mani di papa Leone X, che, per fortuna di Erasmo, lo trovò divertente.

Nel 1515, il giovane Holbein ottenne l'incarico di illustrare proprio l’Elogio della Follia.

Elogio della follia illustrato da Hans Holbein il Giovane - 1515

Nel 1517 Lutero diede inizio alla Riforma Protestante. Pur condividendo la necessità di una riforma della Chiesa per correggerne gli abusi, Erasmo si tenne distante dalle posizioni di Lutero, e continuò a riconoscere l’autorità del Papa.

2.      Tommaso Moro

Thomas More - Tommaso Moro - Hans Holbein il Giovane

Erasmo era anche un buon amico di Tommaso Moro (in inglese, Thomas More), cui aveva dedicato scherzosamente l’Elogio della Follia: il titolo latino dell'opera era infatti Moriae Encomium, e gli avversari di Moro, per dargli dello stolto, avevano l’abitudine di scrivere il suo cognome Mωrus, incrociandolo con la parola greca che significa stolto. Quando Holbein si mise in viaggio verso il nord Europa, Erasmo invitò Tommaso Moro a dargli lavoro in Inghilterra.

Enrico VIII era allora re, e Tommaso Moro, oltre che un intellettuale di prima classe, era una delle figure politicamente più in vista del regno. La sua opera più nota, l’Utopia (1516), racconta, per bocca di un marinaio, di un’isola governata secondo i criteri di una società ideale; l'opera si collocava in perfetto contrappunto con il brutale realismo del Principe di Machiavelli, uscito l’anno precedente.

Nel 1527 Moro commissionò ad Holbein un ritratto per sé, che vediamo qui sopra, e poi uno che comprendeva la sua intera famiglia, di cui sono rimasti i disegni preparatori.

3.      Enrico VIII

L'originale andò perso in un incendio, ma questo quadro fu copiato dai membri della bottega di Hans Holbein dall'originale del maestro.

L'originale andò perso in un incendio, ma questo quadro fu copiato dai membri della bottega di Hans Holbein dall'originale del maestro.

Enrico VIII, definito «formidabile» dai contemporanei, è una delle figure più importanti nella storia inglese, anche se lo divenne quasi per caso. Figlio di Enrico VII, suo fratello maggiore Arturo avrebbe infatti dovuto ereditare il regno; invece, nel 1502, a ventisei anni, si ammalò e morì.

Enrico divenne così il nuovo erede al trono. Sposò Caterina d’Aragona e ottenne così l’appoggio dei genitori di lei, i reali di Spagna Ferdinando e Isabella (quelli che avevano finanziato la spedizione di Colombo del 1492). Caterina era la vedova di Arturo, il che avrebbe normalmente reso impossibile che Enrico la sposasse; il problema fu risolto quando il Papa dichiarò che il matrimonio fra Caterina ed il defunto Arturo non era mai stato valido, poiché era rimasto inconsumato.

Nel 1509 Enrico divenne re d’Inghilterra. In un’epoca di contrasti religiosi, parve, almeno inizialmente, prendere le parti del Papa; nel 1515 si dichiarò pronto a iniziare una crociata in suo favore, se gli altri sovrani europei fossero stati in accordo con lui.

C’era tuttavia un gravissimo problema nel matrimonio di Enrico VIII, ed era quello della successione. A parte una bambina di nome Maria, tutti i figli di Caterina erano morti poco dopo il parto. L’ultima volta in cui una donna aveva ereditato il trono dell’Inghilterra era stato ai tempi dell’imperatrice Matilde, cioè quattrocento anni prima, e ne era derivata una guerra civile durata vent’anni, nota con il nome di Anarchia. Anche la dinastia di Enrico VIII – quella dei Tudor – si era innestata sul trono d’Inghilterra proprio dopo una guerra civile durata tre decenni, ed Enrico VIII non era che il secondo membro a regnare. Il terrore che la sua famiglia potesse perdere il trono e che l’Inghilterra potesse precipitare di nuovo nel caos doveva essere forte.

4.      Anna Bolena

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Enrico VIII aveva comunque diverse amanti. Iniziò a fare la corte ad Anna Bolena, che aveva all’epoca venticinque anni e aveva visto fallire diversi piani per un proprio matrimonio. Era il 1526. Sua sorella Maria era già stata amante di Enrico VIII, ma Anna rifiutò.

Thomas Wyatt senior, poeta, cortigiano e ambasciatore.

Thomas Wyatt senior, poeta, cortigiano e ambasciatore.

Enrico VIII cercò quindi di fare annullare il matrimonio con Caterina d’Aragona, che, ormai, non poteva più avere figli. Inviò un’ambasciata a Roma a perorare la sua causa; fra i suoi membri c’era anche un giovane studioso, di nome Thomas Wyatt, che sarebbe diventato celebre per aver importato il sonetto nella letteratura inglese. Era il 1528 e papa Clemente VII rifiutò. La posizione di Enrico era che il precedente matrimonio fra Caterina e Arturo rendeva invalido quello successivo con lui. Tuttavia, poiché il matrimonio fra Arturo e Caterina era già stato dichiarato nullo, secondo il Papa non poteva essere usato come base per un ulteriore annullamento. Oltre a questo, il Papa aveva probabilmente paura della reazione del nipote di Caterina, Carlo, che era divenuto re di Spagna e imperatore di Germania con il nome di Carlo V e le cui truppe, l’anno prima, avevano saccheggiato Roma.

La risposta di Enrico VIII fu influenzata da Thomas Cromwell, una delle figure più potenti nella sua corte e un sostenitore di Anna Bolena, ed ebbe effetti sul lunghissimo termine. Nel 1528 era uscito un libro dell’intellettuale protestante William Tyndale, L’obbedienza di un cristiano, che sosteneva il diritto divino dei re verso la Chiesa nel proprio Paese. Fino ad allora, il re d’Inghilterra aveva potuto contare sul predominio sul Papa nella sola sfera temporale nel suo regno. Infatti, nel 1393 era stato approvato lo Statuto del praemunire, che non riconosceva in Inghilterra alcuna autorità estera al di sopra di quella del re - che si trattasse dell'Imperatore o del Papa.

Enrico accusò il clero inglese di aver violato lo Statuto, perché aveva riconosciuto l’autorità papale sul re facendo il Papa arbitro dell'annullamento, e lo condannò a una multa di 100.000 sterline. Il re accettò di dilazionare il pagamento in cinque anni, in cambio però del riconoscimento della propria autorità spirituale.

Enrico VIII e Anna Bolena si sposarono il 25 gennaio 1533. Il 7 settembre dello stesso anno nacque la loro figlia Elisabetta. Caterina d’Aragona, nel frattempo, era tenuta sotto sorveglianza.

In realtà, la vecchia regina godeva di grande supporto presso il popolo. Era una persona estremamente istruita, ed era stata la prima ambasciatrice donna della storia europea, quando, prima del suo matrimonio, aveva rappresentato la Spagna in Inghilterra. Nel 1513, anche la vittoria degli inglesi sulla Scozia a Flodden era stata opera sua, visto che Enrico VIII stava all'epoca combattendo in Francia e lei ne era la reggente.

Ormai, comunque, Enrico VIII aveva deciso definitivamente di porre in pratica le idee di Tyndale. Con l’Atto di Supremazia, nel 1534 portò la Chiesa inglese sotto il diretto controllo del re e la sottrasse a quello del Papa, dando vita alla separazione fra la Chiesa Anglicana e quella Cattolica.

A quel punto, il nuovo primate d’Inghilterra Thomas Cranmer annullò il matrimonio con Caterina e riconobbe a posteriori quello con Anna Bolena: aveva infatti ottenuto il proprio posto grazie ai buoni servizi della famiglia di lei. Caterina morì due anni dopo.

5.      John Fisher

Le riforme di Enrico VIII non passarono senza opposizione.

John Fisher, il vescovo di Rochester, era un teologo e un membro importante della vita intellettuale dell’epoca, oltre che cancelliere dell’Università di Cambridge. Già prima del 1530 aveva parlato ad alta voce contro l’introdursi del governo inglese negli ambiti normalmente riservati alla Chiesa, così come contro l’annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona. Inoltre, non accettò la supremazia del re sulla Chiesa.

L’opposizione di Tommaso Moro fu di tipo diverso. Nel 1532 rinunciò alla carica di Cancelliere. Nonostante avesse inviato le proprie felicitazioni private ad Enrico VIII per il suo matrimonio, non si presentò di persona all’incoronazione di Anna Bolena nel 1533. Ne seguì un calo nel favore del re. Nel 1534 venne accusato di aver dato consigli a Elizabeth Barton, all’epoca una celebre monaca e mistica, che aveva dichiarato di aver visto il posto riservato all’inferno per Enrico VIII a causa della sua politica matrimoniale; queste accuse vennero però lasciate cadere. Elizabeth Barton venne giustiziata il 20 aprile 1534; fu l’unica donna nella storia inglese la cui testa fu esposta a London Bridge.

Lo stesso anno, a Tommaso venne chiesto di giurare fedeltà a Elisabetta, la figlia di Anna Bolena, come erede legittima di Enrico VIII e di riconoscere la rimozione di Maria dalla linea ereditaria: l’annullamento del matrimonio da cui era nata l'aveva infatti resa illegittima. Moro rispose che il Parlamento aveva il diritto di fare regina chi preferiva, ma che non c’erano le basi legali perché il re ottenesse diritti divini sulla Chiesa del suo regno. Per questo, non riconobbe l’annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona e rifiutò di giurare. John Fisher fece lo stesso.

Entrambi furono dunque accusati di alto tradimento e incarcerati.

6.      Richard Rich

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Al processo del vescovo Fisher, l’unica testimonianza fu quella di Richard Rich. Questi aveva chiesto a Fisher di esprimergli la sua opinione sull’annullamento del matrimonio del re, giurandogli che era solo per le orecchie di Enrico VIII, il quale era agitato dalla propria coscienza e desiderava conoscere il suo parere.

Si trattava, naturalmente, di un inganno. Le dichiarazioni di Fisher furono usate come prova incriminante e portarono alla sua condanna a morte. Questa, nel caso di alto tradimento, era l’articolato processo definito in inglese hanged, drawn and quartered: dopo una breve impiccagione, il condannato, che poteva essere ancora vivo e cosciente, veniva aperto; i suoi organi, partendo da quelli non necessari alla vita, erano estratti e bruciati davanti a lui, fino al cuore; infine, il corpo veniva fatto a pezzi, messi in vista in varie parti della città. In quasi tutti i casi di cui si parla in questo articolo, però, la condanna venne commutata nella semplice decapitazione.

Ora toccava a Moro difendersi. Tommaso sapeva che, per legge, il tradimento consisteva nell’esprimersi nel senso del tradimento; il silenzio non poteva essere punito. Così, mentre il suo avversario Thomas Cromwell ed il suo amico Erasmo, per motivi diversi, lo incitavano a dare al re quello che voleva e a giurare il suo appoggio alle riforme, Moro si limitò a non rispondere alle domande.

Anche qui, tuttavia, intervenne Richard Rich. Durante il processo, testimoniò di un dialogo privato fra lui e More. In esso, secondo Rich, More aveva dichiarato che il Parlamento non era in grado di rendere il re capo della chiesa inglese. C’è ancora oggi un dibattito riguardo a che cosa avesse detto effettivamente More, e se e fino a che punto Rich mentì nel riportarne le parole. More, dal canto suo, si difese dichiarando che non avrebbe mai parlato di un affare da cui dipendeva la sua vita con un uomo di mala specie come Rich.

Ma è un dibattito forse senza scopo. Nel Cinquecento, un processo come quello contro Moro non era dedicato alla ricerca della verità: si trattava invece di un espediente per schiacciare chi ormai era divenuto un oppositore del potere. La conclusione sarebbe dunque probabilmente stata la stessa, con o senza Rich. Quindici minuti più tardi, Thomas More fu condannato a morte. Durante la sua prigionia nella Torre di Londra in attesa dell’esecuzione, ebbe il tempo di scrivere il suo ultimo libro, sulla Passione di Cristo.

Tommaso Moro è una di quelle figure talmente ammirate, che tutti vogliono averle dalla propria parte. Erasmo lo definì il più grande fra gli inglesi. Carlo V disse che, se avesse avuto un servitore del genere, avrebbe preferito cedere una città, piuttosto che perderlo. Sia la Chiesa Cattolica che quella Anglicana lo annoverano fra i propri santi. Marxisti, comunisti e socialisti lo stimano per la sua rappresentazione di una società ideale ne L’utopia. Gli anticomunisti lo hanno usato come proprio simbolo. Di fatto, il suo essere stato contemporaneamente un politico e un uomo di fede, e aver cercato di mantenere la propria moralità, ma muovendosi secondo le leggi del regno in cui viveva, lo rendono una delle figure più impressionanti della storia moderna.

Lo stesso non si può dire di Richard Rich. Il suo futuro politico lo vide brillare alla corte del re e dei suoi successori, occupando, anni dopo, i posti di portavoce della Camera dei Comuni e di Cancelliere, che erano stati un tempo di More. Eppure, già i suoi contemporanei lo tennero in scarsa stima. More, dovendo controbattere alle sue accuse, spiegò che, se avesse avuto un’opinione come quella che lui gli metteva in bocca, non l’avrebbe certo riferita a Rich, che era, a detta di More,

«un uomo di cui ho sempre avuto una misera opinione, per quanto riguarda la sua veracità e la sua onestà […] leggero di lingua, giocatore d’azzardo, un biscazziere…»

La sua fama fu ulteriormente peggiorata dalla partecipazione alle spoliazioni dei monasteri per arricchirsi. In generale, è ricordato per la sua immoralità, la sua disonestà finanziaria, il suo doppiogiochismo, il suo spergiuro e la sua slealtà. Riassumendo, lo storico Trevor-Roper lo descrisse come un uomo «del quale nessuno ha mai detto una buona parola».

Nel frattempo, era divenuto chiaro che Cranmer, il nuovo arcivescovo di Canterbury, non era in grado di piegare i vescovi più tradizionalisti: era infatti un intellettuale e un uomo di fede, ma non era portato per la politica o per il comando. Cromwell propose dunque al re di rivedere il sistema della sovranità sulla Chiesa Anglicana: il re mantenne la posizione più elevata, ma nominò un Vicereggente, un intermediario fra lui e l’Arcivescovo di Canterbury. Cromwell ottenne questo ruolo. Si dedicò quindi a individuare gli elementi che potevano indurre alla resistenza alle riforme e a correggerli.

Quando Anna diede alla luce Elisabetta, Enrico VIII non fu entusiasta di aver avuto un’altra femmina. Seguirono tre aborti spontanei. Nel 1536, Enrico VIII cominciò ad interessarsi a un’altra donna.

7.      Jane Seymour

Jane Seymour aveva all’epoca diciannove anni. Pur non avendo un’istruzione che potesse rivaleggiare con quelle di Caterina o Anna, era abilissima nei lavori di cucito, e Enrico VIII era un entusiasta del ricamo. Se questo sembra strano, vale la pena di ricordare il genere di tessuti in uso alla sua corte.

Riproduzione ad olio di un affresco di Hans Holbein rappresentante (da sinistra a destra) Enrico VIII, Enrico VII, Elisabetta di York (madre di Enrico VIII) e Jane Seymour.

Riproduzione ad olio di un affresco di Hans Holbein rappresentante (da sinistra a destra) Enrico VIII, Enrico VII, Elisabetta di York (madre di Enrico VIII) e Jane Seymour.

Jane era una donna tranquilla e pacifica. Cromwell, dal canto suo, aveva visto inaspettatamente la propria vecchia alleata Anna tramutarsi in un intralcio: Cromwell avrebbe voluto un’alleanza con Carlo V, mentre Anna puntava verso il re di Francia; in più, Cromwell desiderava riempire le casse del regno del denaro sottratto alla Chiesa, ottenendo anche una fetta personale, mentre Anna riteneva che il denaro andasse speso in opere caritatevoli e attaccava pubblicamente Cromwell attraverso le prediche dei suoi cappellani.

Col benestare del re, Cromwell prese dunque su di sé la questione di porre fine al matrimonio. Nell’aprile del 1536, Enrico VIII accusò di alto tradimento Anna Bolena. Una regina adultera era infatti colpevole di tradimento verso il re, perché dall’adulterio sarebbe derivata una prole illegittima, che sarebbe andata sul trono; inoltre, Anna era accusata di aver tramato di uccidere Enrico VIII per poter sposare uno dei propri amanti e di incesto con il proprio fratello. Anche il poeta Thomas Wyatt finì in carcere con l’accusa di essere l’amante di Anna, ma venne scagionato.

Anna venne condannata a morte da una corte presieduta da Cromwell e cui partecipò anche un suo vecchio fidanzato, il conte di Northumberland, che svenne alla lettura della sentenza e morì otto mesi dopo senza figli. Ancora una volta, sebbene a malincuore, l’arcivescovo Cranmer annullò il matrimonio.

Anna Bolena era, in realtà, quasi di certo innocente. Durante la prigionia, compose una poesia, che inizia con il verso O morte, cullami e fammi dormire (O Death Rock Me Asleep). Fu decapitata il 17 maggio 1536.

Dopo il matrimonio, Jane Seymour partorì finalmente un maschio, per la gioia di Enrico VIII e degli inglesi: Edoardo. Jane morì poco dopo per complicazioni post partum.

8.      Anna di Cleves

Nel 1540, su spinta di Thomas Cromwell, Enrico VIII sposò la principessa tedesca Anna di Cleves. In questa vicenda, Holbein recitò un ruolo particolare: venne mandato a ritrarre Anna e sua sorella Amalia, dietro l’ordine di Enrico VIII di essere il più realistico possibile e di non alterare i volti per compiacere le due ragazze.

In realtà, il matrimonio andò a rotoli. Di persona, Enrico VIII parve trovare Anna decisamente meno attraente che nel ritratto. Ciononostante la sposò, per non mandare al diavolo la possibilità di un’alleanza con i tedeschi. Ma non poté farsela piacere, non consumò il matrimonio e, dopo sei mesi, lo fece annullare con il consenso di lei. L’Arcivescovo Cranmer, a questo punto, doveva averci fatto il callo.

La parte più bizzarra di questa vicenda è che Anna rimase a corte, ottenne il titolo di «cara sorella del re» e visse più a lungo di tutte le altre mogli, mostrando una notevole flessibilità: da cattolica divenne anglicana per sposare Enrico VIII, e poi di nuovo cattolica all’ascesa al trono di Maria.

9.      Thomas Cromwell

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Dal punto di vista di Cromwell, l’affare con Anna di Cleves non fu né divertente, né piacevole. Di fatto, l’aver proposto ad Enrico VIII una moglie così sgradevole, quando l’intento di Enrico VIII era di generare più eredi possibile, fu l’inizio della sua caduta.

Lo stesso anno, le sue visioni religiose, vicine a quelle di Lutero, divennero note al pubblico. La cosa interessò i tribunali. Nel 1538, infatti, alcuni teologi tedeschi di area luterana erano venuti in visita a Londra per conferire riguardo alla dottrina con i vescovi anglicani. Cranmer avrebbe desiderato unire la Chiesa inglese a quelle protestanti; aveva lui stesso moglie e figli. Tuttavia, i vescovi inglesi miravano all’epoca a separarsi da Roma per unirsi agli ortodossi; dal canto suo, Enrico VIII non era disposto a rinunciare alla dottrina cattolica. Il risultato fu che i vescovi inglesi scelsero sei articoli di dottrina sulla cui osservanza non accettavano compromessi, che vennero promulgati dal parlamento inglese con pene fino alla morte per chi li avesse infranti.

Cromwell venne accusato di proteggere i protestanti che, secondo l’Atto dei sei articoli, avrebbe dovuto perseguire. Inoltre, gli venne rinfacciato il supporto per i membri della Riforma radicale, che ritenevano sia la Chiesa cattolica che quelle luterane colpevoli di corruzione, e in più venne accusato di tramare un matrimonio con Maria, la figlia di Enrico VIII e Caterina d’Aragona.

La forma delle sue accuse consentì che venisse condannato a morte senza un processo. La pena fu fissata il 28 luglio 1540. Un ruolo fondamentale nella sua caduta era stato recitato da Richard Rich.

10. Catherine Howard

Lo stesso giorno in cui un boia incapace e inesperto si affaticava con la sua ascia sul collo di Cromwell, Enrico VIII sposava la sua quinta moglie, Catherine Howard.

La storia di questa Caterina è piuttosto breve. Quando sposò Enrico VIII nel 1540, aveva diciannove anni. Nonostante fosse molto cara al re per il suo carattere vivace, due anni dopo venne condannata a morte per adulterio.

11. Catherine Parr

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L’ultimo matrimonio di Enrico VIII lo vide tornare a una donna intellettuale e capace di governare. Caterina era già stata sposata due volte, e si occupò dell’istruzione di Elisabetta ed Edoardo. Convinse Enrico VIII a inserire nella linea di successione, dopo Edoardo, anche le figlie Maria ed Elisabetta: dato che i matrimoni da cui erano nate erano stati annullati, valevano infatti come figlie non legittime. Fu l’autrice di tre libri, tutti di argomento religioso, e una simpatizzante del protestantesimo. Questo la portò a una breve collisione con Enrico VIII, che, però, presto si riconciliò con lei.

Dopo la morte di Enrico VIII nel 1547, fu incaricata di vegliare su Elisabetta. Si risposò poco dopo e morì l’anno successivo dopo aver partorito un figlio al suo quarto e ultimo marito, il fratello di Jane Seymour.

12. Edoardo VI

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Edoardo VI ascese così al trono all’età di nove anni, sotto la tutela di un consiglio reggente.

Il suo fu un tempo difficile per l’Inghilterra. Gli insuccessi militari in Scozia e Francia si accompagnarono a rivolte. Fu però anche molto rilevante per lo sviluppo della Chiesa Anglicana: Enrico VIII, infatti, non aveva mai ammesso modifiche alla dottrina e al rito cattolici. Edoardo VI, invece, era stato educato come protestante. Con il pieno consenso di Thomas Cranmer, l’arcivescovo di Canterbury, furono aboliti in Inghilterra il celibato dei preti e la celebrazione della Messa; inoltre, il servizio divino non venne più tenuto in latino, bensì in inglese.

Edoardo VI non poté mai governare autonomamente: morì a sedici anni, e il suo regno rimase sempre sotto la tutela del consiglio reggente.

13. Maria Tudor, detta la Sanguinaria

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Per salvaguardare le proprie riforme religiose, Edoardo e il concilio reggente resero suo erede la cugina protestante Jane Gray, che però venne rapidamente esautorata da Maria I, la figlia cattolica di Enrico VIII e Caterina d’Aragona, che aveva raccolto un esercito in Anglia orientale.

Quando Maria si fu installata sul trono, l’arcivescovo Cranmer, come molti altri, venne accusato e condannato a morte per tradimento. Questa, però, non era una causa in cui fosse in gioco il solo potere temporale: la pena venne sospesa, finché la Chiesa non avesse esaminato la situazione dal proprio punto di vista.

Cranmer, dopo due anni di prigionia, venne dunque tirato fuori dal carcere e affidato come ospite al decano di Christ Church, uno dei college di Oxford. Qui ebbe varie conversazioni con un domenicano spagnolo, Juan de Villagarcía, che, forse insieme alla paura della morte, lo portarono ad una serie di abiure delle idee religiose che aveva propugnato sotto Enrico VII ed Edoardo VI.

Alla fine, rigettò tutte le teorie di Zwingli e di Lutero, e fece una professione di fede pienamente cattolica. Ricevette l’assoluzione e partecipò alla Messa.

Secondo la legge canonica, a questo punto, Cranmer avrebbe dovuto essere risparmiato. Maria, tuttavia, era di diverso avviso. Di fatto, forzò la mano perché venisse comunque condannato al rogo.

Quando fu l'ora dell'esecuzione, Cranmer fu fatto salire sul pulpito, perché potesse fare un’ultima abiura prima di morire. Iniziò con un discorso in cui esortava ad obbedire al re e alla regina; a metà del sermone, tuttavia, mutò completamente aria. Negò tutte le sue abiure, e affermò che avrebbe punito la mano con cui le aveva firmate facendola bruciare per prima. Poi affermò:

«Rinuncio il Papa, come nemico di Cristo e Anticristo, con tutta la sua falsa dottrina»

A quel punto, Cranmer venne afferrato e portato sul rogo.

14. Thomas Wyatt il Giovane

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Quando seppe che Maria intendeva sposare il re di Spagna Filippo II, che governava all’epoca territori in tutti i continenti conosciuti, il figlio del poeta e ambasciatore Thomas Wyatt, che portava lo stesso nome del padre, lo ritenne un’ingiustizia verso il suo Paese. Le motivazioni non sono chiare; è tuttavia possibile che avesse avuto qualche avventura con l’inquisizione mentre viaggiava in Spagna assieme a suo padre. In ogni caso, Wyatt il Giovane raccolse 1.500 uomini, si impossessò di Rochester e mise facilmente in fuga il duca di Norfolk, i cui uomini si unirono alla rivolta. A quel punto, aveva 4.000 uomini che lo seguirono in una marcia verso Londra.

Maria decise di guadagnare tempo, domandando a Wyatt se avesse richieste da avanzare. Nel frattempo, la regina armò ventimila volontari. Quando Wyatt entrò a Londra con i suoi uomini per catturare Maria, venne assalito da tutti i lati. I suoi uomini lo abbandonarono e lui venne catturato e condannato a morte secondo il rito del hanged, drawn and quartered.

Il matrimonio di Maria con Filippo II fu infine celebrato, anche se non diede discendenti. Maria tentò di far tornare l’Inghilterra al cattolicesimo, facendo bruciare al rogo circa 300 anglicani e protestanti in cinque anni di regno, il che le valse il soprannome di bloody, "sanguinaria" o "insanguinata".

Alla morte di Maria nel 1558, Elisabetta salì al trono, riportando definitivamente l’Inghilterra all’anglicanesimo. Fu l’ultima sovrana della dinastia dei Tudor.

15. Hans Holbein il Giovane

L’ultima personalità è quella che ci ha dato gli occhi per vedere i protagonisti di queste vicende, e l'origine di tutte le raffigurazioni che abbiamo visto finora: Hans Holbein il Giovane. Durante la sua permanenza in Inghilterra assistette alla caduta dei suoi più importanti patroni – Tommaso Moro, Anna Bolena, Thomas Cromwell – e, nel 1540, tornò per breve tempo a Basilea, dove aveva moglie e figli; sappiamo tuttavia che aveva avuto due bambini anche in Inghilterra.

Holbein morì nel 1543 in Inghilterra. Parecchi suoi quadri, come quelli di Enrico VIII, Tommaso Moro ed Erasmo, sono divenuti icone culturali.

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Bonus: Giovanni di Valois

Questo è un bonus. Giovanni di Valois, figlio del re di Francia, fu un importante patrono delle arti, ma non conobbe mai Holbein, perché era già morto da ottant’anni quando Holbein nacque. Holbein produsse lo studio di un suo ritratto partendo da una statua.

Giovanni di Valois, il duca di Berry, è noto in tutto il mondo per essere stato il committente delle Tres riches heures du duc du Berry, con cui concludiamo questo articolo. Se ti è piaciuto, ricordati di abbonarti via email o al feed RSS, usando i link sotto i commenti.